Elda Alvigini
(attrice, autrice e regista)
Roma 8.3.2022
Intervista di Gianfranco
Gramola
“Saturno dietro - Già Inutilmente sfiga”
al Teatro Le Maschere dal 10 al 13 marzo
“Se entri nel vortice della sfiga, il mondo
cambia in pochi secondi per te!”
Elda Alvigini è nata a Roma il 2 maggio
1968. Si è laureata in Lettere moderne con la Tesi L'immagine della donna
borghese nel cinema di Antonioni, formandosi, nel contempo, artisticamente
presso il Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Inizia lavorando al
cinema in L'odore della notte, Emma sono io, La verità vi prego sull'amore e La
balia. Dopo aver lavorato anche in teatro e televisione, si iscrive a Medicina e
sostiene gli esami del primo anno, mentre sta preparando biochimica vince il
provino per interpretare il ruolo di Stefania Masetti nella serie televisiva I
Cesaroni. Dal 10 al 13 marzo 2022 è al Teatro Le Maschere con lo spettacolo
“Saturno dietro - Già Inutilmentesfiga”, scritto e interpretato da lei.
Intervista
Elda, mi parli del tuo spettacolo
“Saturno dietro - Già Inutilmentesfiga”, in
scena al Teatro Le Maschere dal 10 al 13 marzo?
“Saturno dietro”, dal titolo si capisce
che è una situazione abbastanza preoccupante, perché finché ce l’abbiamo
contro Saturno e lo leggiamo nell’oroscopo, magari possiamo organizzarci, ma
quando ce l’abbiamo dietro è ben difficile difendersi (risata). Lo spettacolo
è una stand-up comedy tutta sulla sfiga e in realtà tutto il materiale che
viene sviscerato in scena è vita vissuta mia e soprattutto degli eventi
incredibilmente nefasti, ma uno attaccato all’altro nell’estate del 2015.
Che ti è successo nell’estate 2015?
Mi capitò di vivere un’estate abbastanza
drammatica lì per lì nel momento che ti capitano le sventure perché sono
spiacevoli e sgradevoli per chiunque chiaramente. E poi mi ritrovai a
confrontarmi con una doppietta veramente letale a distanza di 2 giorni
catastrofici per me nel 2017. A quel punto io pensai veramente di morire di
sfiga, cioè che mi sarei potuta ammalare anche. Ero a terra completamente e non
capivo perché le cose andassero sempre così male, però sono uno spirito
battagliero per cui mi dissi: “Ma mica vuoi far vincere la sfiga? Che faccio
adesso? Muoio perché sono sfigata?”. E ho cominciato a scriverli questi
eventi, perché nel 2017 mi ricordo che avevo passato 2 anni prima un momento
altrettanto terribile. Scrivendoli mi veniva da ridere, perché sono uno
appiccicato all’altro. Nell’estate 2015 ne avevo uno al giorno. Chiaramente
la mia comicità, anche negli altri spettacoli che ho scritto e in uno scritto
insieme a Natascia De Vito che era “Inutilmente figa”, anche lì si parlava
di separazioni. Quando un uomo o una donna si separa, lì per lì è il momento
più brutto della vita, poi dopo due anni se tu ripensi a cosa hai dentro, a
cosa hai fatto, ti vergogni e ti viene da ridere. Un amico mi dice: “Ma tu ti
ricordi cosa hai fatto quel giorno? Come ti sei ridotta?” e quindi diciamo che
c’è questa lente del tempo e anche magari un lavoro personale di elaborazione
del perché poi quella cosa è andata in quel modo, che fanno cambiare il punto
di vista e quella cosa triste diventa da morirci dal ridere, perché dici:
“Non è possibile”. Quindi lo spettacolo è, in qualche modo, come dico
all’inizio, il più grande rituale antisfiga mai fatto, perché il teatro da
sempre è il più grande rituale collettivo, perché già Aristotele parlava di
catarsi e quindi io invito le gente durante lo spettacolo a fare alcune pratiche
divinatorie insieme a me per tenere lontane le energie negative e procedo con
una narrazione anche della storia della sfiga. All’inizio dello spettacolo
voglio presentare la protagonista e ne faccio un excursus storico perché
all’inizio pare si chiamasse fortuna. Ma è successo talmente tanto tempo fa
questa bellissima ragazza con la cornucopia
piena di doni, così si diceva, anche se nessuno l’ha mai vista, tanto
che pare purtroppo pare che sia una leggenda. Poi prese a farsi chiamare fato e
quindi faccio un po’ la storia attraverso le epoche con cui noi ci siamo
rapportati, poi c’è il destino che è più vicino a Macchiavelli.
Macchiavelli disse che noi possiamo cambiarlo il destino, possiamo essere noi
gli artefici della nostra vita. Poi iniziano i miei racconti facendo notate che
nella storia anche delle grandi eroine e degli eroi sono stati sfigati, vedi
Didone ed Edipo e sfilo tutti i protagonisti delle più grandi opere di certo le
storie sono sempre drammatiche, non sono mai rose e fiori.
E’ prevista anche una tournée del tuo
spettacolo?
C’è un interessamento da parte di alcuni
distributori teatrali. Io ho fatto una data secca per la prima volta a Roma il
19 dicembre e lì è venuto qualche distributore. Qualcun altro verrà adesso,
stanno trattando due date alla Versiliana, vediamo che succede, perché con il
fatto del covid il teatro sta ripartendo ma anche gli stessi distributori hanno
paura a mettersi a lavorare, a fissarti le date se poi saltano. Perché ci perdo
io ma ci perdono loro che sono i primi che ci lavorano perché devono prendere i
contatti, ecc … Quindi spero che da adesso in poi si riprenda a lavorare e che
ci sia la possibilità di fare tournée. Penso comunque che questa estate si
possa andare in giro per l’Italia con lo spettacolo, poi è tutto uno stand-up
e io a volte la ringrazio la sfiga, perché magari se mi succedeva qualcosa di
meno, c’arrivavo lo stesso a capire che sono proprio gli eventi negativi,
quelli improvvisi che ci fanno capire chi siamo diventati, quanto siamo forti,
quanto magari invece non ci interessa la vendetta, quanto siamo reattivi e
riusciamo a uscire dalle difficoltà.
A proposito di sfiga, prima di entrare in
scena hai un rito scaramantico?
In questo spettacolo, siccome sono da sola,
io entro da dietro il pubblico, con una carta d’eritrea accesa, dicendo “Lu
su l’occhio, lù malocchio …”, per depurare l’ambiente dalle energie
negative, poi salgo sul palco con una borsa da cui tiro fuori un vaso in cui
metto un chilo di sale e poi dico: “Ragazzi, a teatro si usa fare la merda e
spiego come si fa dietro le quinte e
io qui sono venuta da sola e quindi dovrei chiedere un aiuto. Mantenendo un
distanziamento potete toccarvi con i piedi o con i gomiti e al mio 3 urlare
merda, merda, merda?”. Quindi invito il pubblico a fare il primo rituale che
è questo. L’hanno sempre fatto tutti, anzi non vedono l’ora di fare
“Merda, merda, merda”.
Mi racconti com’è nata la tua passione
per la recitazione? Hai artisti in famiglia?
Non ho artisti in famiglia. Mio padre, ora in
pensione, era un pilota dell’Alitalia e mia madre ha un bistrot storico a Roma
dal 1980, quindi io ero già ragazzina cresciuta quando l’ha aperto. Ma sono
stati due genitori giovanissimi e appassionati d’arte. Io e mio fratello siamo
cresciuti nei teatri, nei musei, nei cinema e difatti io faccio l’attrice e
mio fratello fa il montatore al cinema. Questa è stata un po’ la nostra
formazione culturale credo. Non è una tradizione di famiglia, ma facendoci
respirare tutta questa arte, alla fine nessuno si è stupito a casa delle nostre
scelte.
Con quali idoli sei cresciuta?
Io sono stata una ragazzina che non ha mai
avuto manifesti o poster in camera, non era neanche fan dei gruppi musicali. Però
da piccola andavo con i miei genitori al Filmstudio a Roma, che era un cine club
d’elite e vedevo Bunuel, oppure al Farnese
facevano sempre le retrospettive del neorealismo e lì scoprì la Magnani
e la Masina molto piccola e queste donne che non erano belle, che soffrivano e
allora lì decisi di fare l’attrice. Poi crescendo devo dirti che tra le
italiane la più talentuosa, quella che mi ha sempre colpito era Mariangela
Melato, perché era un’attrice versatile, che poteva fare il comico come il
drammatico. In parte era simile a Monica Vitti per questo, perché ha iniziato
con Antonioni e poi è diventata la regina della commedia all’italiana. Poi
c’è Katharine Hepburn e altre attrici straniere che hanno fatto la storia del
cinema. Oggi mi piace molto Cate Blanchett, un’attrice immensa, bravissima.
Una volta quando mi chiedevano chi
era la mia attrice preferita, per anni ho risposto “Ugo Tognazzi”, perché
purtroppo i miei riferimenti sono sempre stati maschili, anche per una certa
cultura maschilista, anche se per quanto c’era Franca Valeri, Monica Vitti,
però i grandi mattatori sono sempre stati gli uomini, per cui Vittorio Gassman,
Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Gigi Proietti. E’ più facile confrontarsi con il
maschile che non il femminile che poi diventa imbarazzante se non raggiungi gli
stessi traguardi. Almeno l’uomo e l’uomo, tu sei donna e fai quello che
puoi.
Una tua ossessione professionale?
Io sono molto meticolosa, arrivo due ore
prima in teatro. Se lo spettacolo inizia alle 21.00,
io sono in teatro alle 19.00
Sei una perfezionista?
Si, a Roma si dice “cagacazzi” (risata).
La definizione giusta è perfezionista, seria. Maniacale no, neanche ossessiva,
però non trascuro nulla e penso sempre che il lavoro che faccio è per la gente
che viene a teatro e paga e quindi ha il diritto ad avere il massimo e quindi
cerco di darmi completamente. Questa è una cosa che ho ammirato tanto in Gigi
Proietti, la sua generosità, il suo non risparmiarsi mai, il suo divertirsi
insieme al pubblico. Questo proprio se riesco un po’ a rubarglielo, sono
contenta. Cerco di essere lì per il pubblico che è venuto per me, che è
venuto per divertirsi, ha pagato il biglietto e quindi è giusto che abbia
indietro il massimo da parte mia.
Quali sono le tue ambizioni?
Oggi come oggi sono più legate alla
scrittura. Sto scrivendo un primo documentario proprio da sceneggiatrice sulla
fotografia, che mi è stato commissionato. E’ un progetto che ho scritto sotto
richiesta di un mio caro amico e collega che ha una produzione e si chiama Mauro
Meconi, che interpretava “Fierolocchio” in Romanzo Criminale e oggi dirige
una produzione. Mi ha coinvolto e ho scritto un soggetto che lui ha presentato
al MIBACT , abbiamo vinto e mi ha detto: “Mi sembra giusto che scrivessi tu la
sceneggiatura”. Il lavoro di scrittura mi piace tantissimo, sono molto
attratta dal mondo delle serie televisive e una mia ambizione è riuscire ad
avere l’idea giusta per una serie, che è il bene di consumo che va per la
maggiore sulle piattaforme in questo momento. Già a teatro ho fatto la regia
con un mio spettacolo che era “Liberi tutti”, in cui ci sono dei video
girati da me e quindi probabilmente se mi capitasse di fare la regista penso che
mi piacerebbe molto e poi ho ancora tanto da fare come attrice, nel senso che mi
piace fare un personaggio in una serie televisiva all’opposto di quella che ho
fatto nei Cesaroni, quindi un ruolo drammatico o un personaggio anche negativo,
che sono per me come attrice, più affascinanti e più difficile da costruire,
perché poi hai il giudizio del pubblico, ovviamente non su di te attore, ma sul
personaggio. Fare personaggi scomodi è sempre più difficile, però per me come
attrice sono più affascinanti e importanti come lavoro, senza nulla togliere
alla commedia.
Non è facile far ridere, vero?
Far ridere è una cosa difficilissima, io
sono onorata di essere considerata un’attrice brillante, da commedia. La
stand-up che ho scritto “Saturno dietro” nasce proprio dall’incalzare, dal
caldeggiare da parte di amici e conoscenti che insistevano affinché mi
cimentassi in questa commedia. Mi dicevano: “Tu fai ridere per come racconti
le cose, il tuo punto di vista, tu ti devi lanciare sul palco, da sola, senza
scenografie”. In realtà in questo spettacolo ha degli inserti video perché
servono a testimoniare che tutto quello che racconto è vero e mi è successo.
Ci sono proiezioni da WhatsApp, degli screenshot, ci sono video che ho postato
su instagram legati a incidenti e quindi la gente ride il doppio, perché
capisce che è tutto vero, che non sto inventando nulla, perché è assurdo
tutto quello che mi è successo. Per cui alla fine è bello quello che ho visto
nella data che ho fatto il 19 dicembre scorso, anche se purtroppo siamo in
momenti drammatici per tutto il mondo, prima con la pandemia e adesso con questa
ombra nera della guerra che angoscia tutti e la cosa che mi ha colpito nella
data del 19 dicembre è che la gente era venuta perché aveva voglia di ridere e
ha riso tanto. La gente aveva voglia di sfogare in una risata dei fatti
negativi. Questo spettacolo è vero come io dico all’inizio che è
“liberatorio e che quando uscite di qua vi rendete conto di quanto siete è
fortunati”. Ma alla fine è vero, è proprio così, cioè ho constatato
andando in scena, che la gente si libera, perché intanto delle cose quando
vanno un po’ tutte storte, a volte hanno paura a raccontarle. E’ come se uno
ha paura che la sfiga si attacca e dice: “No, quello porta sfiga, non lo
chiamare” (risata). Ho sperimentato che sentire raccontare da un personaggio
famoso, perché la serie televisiva dei Cesaroni mi ha reso molto popolare, che
gli va tutto storto, la gente si libera
e pensa: “A vabbè, se succede pure a loro”, capito? Quindi l’ho scoperto
facendolo, non è una cosa che avevo calcolato e quindi è uno spettacolo molto
empatico, in cui il pubblico si alleggerisce, si libera di paure, anche di
sconfitte, di sconforti e questo mi piace molto. E’ come se insieme a me,
anche loro affrontano un viaggio, perché almeno una delle cose che io racconto
è successo ad ognuno del pubblico.
Come autrice, Roma è fonte di ispirazione
per le tue storie?
In realtà non direi Roma come società
romana, perché io fra l’altro sono figlia di una mamma siciliana e di un
padre svizzero ma di origini piemontesi, quindi non sono una vera romana, anche
se sono nata a Roma, ma nella mia famiglia non c’è stata una tradizione
romana, neanche in cucina. Mia madre non mi ha mai cucinato la coda alla
vaccinara e non sa neanche come si fa, non mi ha mai cucinato la trippa o la
pajata. Io osservo i romani come una che non è romana, con un punto di vista di
distacco in qualche modo che mi viene dai miei genitori, cioè dal fatto che io
non sono cresciuta in una casa di romani. I miei nonni erano a Palermo e mio
padre era orfano. Io non ho avuto parenti romani o nonni che dicevano: “A
bella de casa”. Sono cresciuta con un padre che
aveva la “R” moscia e mia madre che essendosi sposati che erano giovanissimi
e che sono venuti a vivere a Roma a 24 anni, parlavano italiano. Mia mamma
c’ha un po’ la “R” che “je slitta”, capito (risata) e gli chiedono
se è francese o se è spagnola.
Qual è la tua Roma del cuore?
Roma del cuore ce ne sono tante, Gianfranco.
Mannaggia che domanda, perché Roma è piena di posti meravigliosi. Ricordo che
al Circo Massimo, quando ero piccola, facevamo le gare di mezzofondo, che erano
1500 metri, perché allora si poteva gareggiare al Circo Massimo, proprio dentro
le rovine. Io amo molto i parchi di Roma e la vista che c’è dal giardino
degli Aranci all’Aventino su Roma, è molto bella. Io abito alla Garbatella,
un quartiere popolare che amo molto,
mia madre vive a Monti e mio padre a
Trastevere e io ho la fortuna di frequentare questi quartieri meravigliosi.
Quindi se mi chiedi qual è il mio posto del cuore, diventa veramente difficile.
C’è una piazzetta che mi piace da morire ed è quella dove c’è la fontana
delle Tartarughe.
Quella in piazza Mattei.
Si, in piazza Mattei, quella è meravigliosa.
Ci sono dei posti, degli squarci della città che sono unici. Anche attraversare
ponte Sisto al tramonto, con l’isola Tiberina che ti guarda, è una cosa
bellissima. Uno abitandoci a Roma a volte non si rende conto che sta veramente
nella città più bella del mondo. Si, vabbè è una città caotica, sporca ma
è perché la sporchiamo noi che siamo degli incivili e uso il plurale, anche se
io sto qui a fare la differenziata che sembro una maniaca. E poi vedo cose
oscene per le strade di Roma che sono un disastro. Questo fine settimana sono
stata a Milano per lavoro e Milano l’ho trovata bellissima, pulitissima,
funziona tutto. Ma che ci vuole, cavolo? Mi si stringe il cuore a vedere Roma
ridotta così. Mi auguro che Roma torni ad essere Caput Mundi.